Quando non esisteva Halloween

Quando ero bambina (non sto parlando del paleolitico, non è passato poi tanto tempo) non esisteva Halloween, non si intagliavano le zucche, non si decoravano le case con pipistrelli e ragnetti, non ci si travestiva da fantasmi o streghette e non si faceva dolcetto o scherzetto in giro per il paese.

Se fossi piccola adesso, sicuramente, mi divertirei a mascherarmi e chiederei a mia madre di realizzare una spaventosissima zucca, cosa che ci riuscirebbe alla perfezione visto che non siamo capaci nemmeno di ritagliare un cartoncino in modo decente.

Ai miei tempi c’erano altre tradizioni, che ancora ricordo con il sorriso sulle labbra, volte ad esorcizzare la morte, a mantenere vivo il pensiero delle persone defunte, a far capire ai bambini che anche se un familiare non c’era più fisicamente, non era andato via per sempre ed era possibile mantenere un legame con quella persona.

A fine ottobre si preparavano le letterine per chi non c’era più e si chiedevano dei doni, poi si consegnava la missiva a mamma e papà che provvedevano alla spedizione.
Ovviamente la mia preoccupazione (peraltro fondata) era sull’indirizzo e quindi facevo tantissime domande a mio padre per capire come facesse a conoscere il luogo dove inviare la mia lettera.
La risposta era sempre la stessa: “Io so dove spedirla, stai tranquilla, e poi il nonno mentre tu ancora pensi al dono che vorresti, sa già tutto, perché in Cielo conoscono ogni tuo desiderio.”

Questa rassicurazione mi bastava e la ritenevo verità assoluta, dopotutto in Paradiso ci andavano le persone buone, quelle che continuavano a starti accanto nei momenti tristi e difficili e per farlo, dovevano per forza sapere ogni cosa su di te e sulla tua vita terrena.

I doni arrivavano sempre, il 2 novembre mi svegliavo e li trovavo fuori dalla porta, io ancora assonnata, accarezzavo la confezione, guardavo verso l’alto, socchiudevo gli occhi e sorridevo sussurrando “Grazie”, aprivo il mio regalo ed ero la bambina più felice del mondo.

Il giorno dopo a scuola, dicevo a tutti i miei compagnetti che anche se non avevo conosciuto mio nonno, lui mi voleva bene e non aveva mai smesso di pensarmi.

Il ricordo di questa tradizione, che non ha nulla a che vedere con travestimenti e biscotti a forma di ragno o pipistrello, mi accompagna (donandomi un sorriso ed un po’ di serenità) durante i primi due giorni di novembre, che per me sono sempre molto tristi.

Non scrivo più la letterina, non chiedo regali, indirizzo i miei pensieri ed il mio sorriso a chi non c’è, rivolgo lo sguardo al cielo e penso che il dono più grande, purtroppo, non potrò riceverlo…

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