L’otorino

Ciao, sono Roberta e da quasi 3 settimane non ci sento da un orecchio.

Al momento della pubblicazione dell’ultimo post, mi ero ripromessa di tornare ad aggiornare il blog con la stessa frequenza e costanza di qualche mese fa… e invece no.

No, perché ho avuto mal d’orecchio e ancora ho dei fastidiosi strascichi.

Sin da bambina ho sempre sofferto di otite acuta, ricordo che finivo l’estate dolorante e con una gita dall’otorino.
Ai tempi dell’Università, il pronto soccorso del policlinico Umberto I, era diventata una seconda casa, poi ho traslocato nella sala d’attesa di un importante luminare dell’otorinolaringoiatria.

Eh no, non è colpa di tuffi olimpionici. Ho smesso di bagnarmi la testa al mare a dieci anni, dopo un’otite durata 45 giorni.
E’ tutta colpa mia, per meglio dire, della forma del mio condotto uditivo: stretto e ad uncino.

A 20 anni, mentre piangevo al telefono con mia madre e mio padre, a causa dell’ennesima otite, avevo giurato che mi sarei sposata con un otorino.
Poi, non mi sono sposata e ho trovato un “Quasi marito” avvocato.
Ma si sa, l’amore è cieco… in questo caso, direi, più che altro sordo. Sordo alle grida di dolore delle mie orecchie.

Comunque, l’otorino è sempre stata roba da papà, nel senso che era lui che mi ci portava.
Quando di buon mattino lo chiamavo per dirgli che avvertivo un leggero fastidio alle orecchie, la sua risposta era sempre:” Io ci penso! Preparati che alle 11 ti passo a prendere!”
Ed anche quando mi sono trasferita a Roma, per studiare giurisprudenza (non so come non abbia optato per medicina, con successiva specializzazione in otorinolaringoiatria), lui arrivava dalla Sicilia per portarmi dall’otorino.

La vita è bastarda, le coincidenze sono bastarde.
Erano 5 anni che non avevo più problemi alle orecchie.
5 lunghi anni di benessere e d’estati da ricordare.

E quest’anno che, per troppe cose, è l’anno delle prime volte brutte, è tornato il mal d’orecchio… quasi come se questa stronza di un’otite volesse ricordarmi ancora di più cosa ho perso e che, da qualche mese, sono diventata grande.

E allora, da due settimane incontro, spesso, l’otorino.
Alle 11 non c’è nessuno che mi passi a prendere.
Nessuno che mi dica: “Io ci penso.”
Ho deciso di andarci da sola dall’otorino e quel tragitto, tutte le volte, sa di malinconia e solitudine, di tenacia e forza, di resistenza e resilienza.

E sì, ho un orecchio ovattato, ma la testa e il cuore lucidi, e questo mi basta per sentire emozioni contrastanti crescere dentro di me…
Crescere, come ho fatto io.
Perché varcare la porta del medico, da sola, mi ha fatto sentire irrimediabilmente grande, nel ruolo di adulta e non in quello di figlia.

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